In un’epoca come la nostra, in cui la sterilità formale dell’architettura vige ormai da tempo, l’invenzione da parte di un collettivo di artisti ed architetti di un nuovo stile forse può ribaltare la situazione di smarrimento in cui il panorama architettonico attuale vive.
“…e fur città famose
che coi torrenti suoi l’altero monte
dall’ignea bocca fulminando oppresse
con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
una ruina involve,
dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
i danni altrui commiserando, al cielo
di dolcissimo odor mandi un profumo,
che il deserto consola…” 1
Giacomo Leopardi, I Canti, 34
Siamo a Napoli, sui pendii del vulcano Vesuvio e il poeta Giacomo Leopardi contempla il paesaggio. L’emozione che il poeta recanatese evoca è di sgomento e rassegnazione nei confronti di una terra recentemente colpita dall’eruzione del monte partenopeo. Protagonista centrale è la Natura. Madre che sa generare, ma che altresì ha le facoltà di distruggere. L’uomo è inerme ed impotente. Tutti i suoi sforzi per contrastarla infatti sarebbero solo che vani ed inutili. Questo è l’irreversibile ordine cosmico che, secondo il poeta, governa l’intero universo e ne decide le sorti.
Giacomo Leopardi è un poeta travagliato, e si inserisce nel pieno di quello che viene definito il movimento artistico-letterario del Romanticismo. Nasce in contrapposizione al Neoclassicismo, corrente culturale che pianta le sue radici alla fine del XVIII secolo in Inghilterra. La parola romantic, con il significato iniziale di “cosa da poesia di romance”, divenuta proprietà del Settecento, il quale usò il termine per identificare il movimento. Tale corrente culturale si impegna, attraverso la musica, la pittura e la letteratura, di trattare temi fantasiosi, esaltando il misterioso e la malinconia, rifiutando il razionalismo e la perfezione, abbandonando i soggetti religiosi e l’esaltazione dei potenti, mentre il paesaggio diventa uno dei temi preferiti per rappresentare passioni e sogni. Da buon poeta romantico, Leopardi cita ne “La Ginestra” le città Pompei ed Ercolano, un tempo gloriose, ma che poi furono rase al suolo dalla Natura, impersonificata nel Vesuvio. Rimasero quindi solo che delle rovine da ammirare e da ricordare per il loro imponente passato, che incorniciano un paesaggio sublime ed abbandonato, appunto romantico.
Nei secoli precedenti al poeta, però non fu conferita molta importanza alle rovine storiche che testimoniavano la presenza di una civiltà. Un esempio concreto lo fornisce il famoso anfiteatro di Lucca, città romano-bizantina, la quale, nel VI secolo d.c., si dovette difendere dagli assedi dei Goti. Per rafforzare le difese della città, i cittadini usarono infatti le vecchie mura dell’anfiteatro come fondamenta per la costruzione dei nuovi muraglioni. Soltanto a cavallo tra il 1700 ed il 1800, e quindi in pieno periodo romantico, gli intellettuali incominciarono ad apprezzare i resti di edifici così com’erano, nel loro stato di totale abbandono. Ecco dunque che nacque il culto delle rovine. Gli artisti, ma soprattutto i pittori di tutto il mondo, si recarono a Roma per ammirare i resti dei fori imperiali. Essi ne rimasero talmente affascinati che incominciarono a ritrarne i caratteri su dei bellissimi disegni. Uno dei più illustri fu Giovanni Battista Piranesi il quale, grazie alle vedute di Roma divenne uno dei più riconosciuti incisori a suo tempo. La peculiarità delle sue rappresentazioni risiede proprio nella tecnica realistica, i suoi disegni infatti non hanno niente a che vedere con quelli di Palladio del Pantheon, la cui finalità del disegno era quella di evidenziare le capacità e la qualità costruttive dei romani. Piranesi invece si dimentica sia dei caratteri stilistici dell’architettura sia delle sue forme equamente distribuite, disegnando le rovine cosi come sono, ricoperte dalla natura, quasi a volerne esaltare il suo fine vita, con un tono quindi malinconico.
Esistono ai giorni nostri delle rovine come quelle romantiche?
Ebbene sì, anche noi oggi abbiamo le nostre rovine, ma contemporanee. Un collettivo milanese composto da cinque artisti, Alterazioni Video2, esegue nel 2008 una mappatura della Sicilia riscontrando una massiccia presenza di infrastrutture, 320 per essere precisi, distribuite sul territorio che non sono mai state ultimate.
Da ospedali a stadi, da piscine a viadotti, sono tutti cantieri a cielo aperto, infrastrutture appunto incompiute. Qualche anno dopo inizia la collaborazione con Fosbury Architecture3, un collettivo di ricerca architettonica, che partecipa alla mappatura nazionale e alla stesura di un catalogo tipologico di 696 opere incompiute, delle quali 163 in Sicilia, tutte geolocalizzate sul territorio Italiano. La ricerca viene svolta e documentata attraverso mappe, un reperto fotografico e contributi testuali da parte di personaggi del calibro di Salvatore Settis e Marc Augé. Nel Giugno del 2018 viene quindi presentato alla dodicesima edizione di Manifesta, tenutasi a Palermo, il volume “INCOMPIUTO La nascita di uno Stile” a cura di Alterazioni Video e Fosbury Architecture, nel quale viene concentrato tutto il lavoro svolto negli ultimi 10 anni, soprattutto attraverso un atlante di 160 fotografie a colori scattate da Alterazioni Video durante un viaggio in Italia durato più di sei mesi. ˂˂ Abbiamo deciso di affrontare l’Incomputo in una prospettiva prettamente estetica, non volendo toccare minimamente la questione della denuncia nei confronti di una cattiva gestione del territorio ˃˃ spiega Andrea Masu, componente di Alterazioni Video. La volontà è quella di sviluppare una riflessione sulla presenza e l’utilità di innumerevoli edifici non finiti in Italia.
Il loro paragone con le rovine romantiche, tanto apprezzate da Piranesi o Leopardi, appare immediato. Esiste invece un importante diaframma che genera un distacco tra le due tipologie, ovvero quello della ruine in reverse 4. Tale concetto sviluppato da Roberth Smithson, artista americano che usava la fotografia in relazione alla scultura e alla land art, il quale sosteneva che le rovine romantiche sono opposte a quelle contemporanee, e quindi agli edifici incompiuti, poiché questi non diventano rovine dopo essere costruiti, ma nascono già rovine in quanto non finiti. Si manifestano quindi come paesaggi vuoti, sterili, senza vita, ma con innumerevoli potenzialità. Gaston Bachelard, filosofo francese, disse che i non-luoghi, riferendosi a quelli disabitati, hanno più valore di quelli che sono già in vita poiché hanno infinite possibilità di determinazione e quindi di essere.
Andrea Masu contrariamente, fa notare che il paradigma di non-luogo non possa attecchire agli edifici incompiuti, in quanto gli spazi che non esistono, definiti dall’antropologo francese Marc Augè, sono luoghi di transito, a cui si accede con un biglietto, temporanei ma indefiniti. Gli spazi incompiuti hanno invece una forma estremamente definita, quasi di tipo logica. Incompiuto è opera aperta in termini di utilitas, non solo perché è esclusa dall’albo logico funzionale ma anche da quello del capitale. E’ luogo del selvatico della biodiversità, della colonizzazione vegetale, in cui si sovrappongono numerosi fenomeni.
Il fenomeno Incompiuto si è talmente radicato e capillarmente distribuito sul territorio italiano negli ultimi 40 anni che ha generato una cultura, una consapevolezza ontologica, ha creato un’identità con un suo stile. Ma facciamo un passo indietro: che cos’è uno stile? Secondo il collettivo letterario Wu Ming uno stile è ˂˂..tratto che accomuna e distingue, che identifica e coglie il segno di un’epoca. Ricaduta estetica, etica, antropologica. Pratica ripetibile, che sedimenta, stratifica, trova epigoni e variazioni. Fenomeno che fa scuola pur in assenza di un’accademia. Solco che attraversa territori e gruppi sociali, ne informai comportamenti, ne marchia le rappresentazioni, plasmala percezione delle comunità. Riconoscibile. Per analogia capace di evocare similitudini, individuare discontinuità… Quaranta e più anni che hanno inciso in profondità il suolo e la carne del paese, ne hanno plasmato l’ambiente e la comunità. Si sono stratificati, prima sulla superficie, poi nella memoria, nella coscienza, nell’immaginario collettivo. L’Incompiuto siciliano ha fondato un’etica e un’estetica propria, con cui è necessario fare i conti fino in fondo. Senza banalizzazioni, o scorciatoie di comodo. Un’etica e un’estetica: i pilastri su cui ogni stile poggia ˃˃ 5.
L’Incompiuto quindi possiede ampiamente tutte le credenziali per essere riconosciuto come uno stile autonomo. Ma come può ogni stile architettonico, letterario o artistico che sia, diffondere le sue caratteristiche formali? Attraverso un manifesto. Alterazioni Video e Fosbury Architecture ne elencano le caratteristiche formali proprio in un manifesto di 9 punti. Il primo recita:
˂˂ 1. L’Incompiuto è il paradigma interpretativo dell’architettura pubblica in Italia dal dopoguerra ad oggi. Pare incredibile come il numero di opere incompiute sul territorio possa generare un programma ideologico indipendente dalla volontà dei propri progettisti. La dimensione del fenomeno, l’estensione territoriale e le incredibili peculiarità architettoniche fanno dell’Incompiuto il più importante stile architettonico italiano degli ultimi 40 anni ˃˃ 6 .
E’ tratto proprio comune nella cultura architettonica del nostro tempo ricercare arditamente e continuamente uno stile di riferimento, da cui trarre insegnamento e diffonderne i punti più rappresentativi attraverso la progettazione. I nostri genitori hanno avuto l’opportunità di apprendere dai giganti dell’architettura. Noi, per ora e anche in futuro, sembra che non avremo questa fortuna.
Può quindi l’Incompiuto rappresentare proprio quello che stavamo cercando?
˂˂ L’Incompiuto è stile che di fatto emerge in quanto tale e che non è progettato sulla carta a differenza di altri che si basano su delle teorie ben precise. Questo è uno stile che si genera in modo inconsapevole «e non solo agli architetti e quindi ai progettisti, ma anche ad un’intera società. Stile che si legge come risultato di un processo portato avanti da diversi attori, ovvero personaggi che si siedono intorno a tavolo dell’appalto, della programmazione e pianificazione territoriale ˃˃ chiosano Alterazioni Video e Fosbury Architecture.
Il passo successivo, dopo il riconoscimento dell’Incompiuto in quanto stile contemporaneo, è proprio quello di progettarlo. Gli edifici incompiuti rappresentano un puro spazio pubblico da riqualificare anche se non esistono delle regole precise per procedere. ˂˂ Non esiste legislatura dell’incompiuto ˃˃ dicono Andrea Masu e Veronica Caprino (membro di Fosbury Architecture). Il primario obiettivo è quello di inserire le opere in un circuito per riattivarne l’apertura, riappacificarne il rapporto con il territorio. Secondo il duo infatti sarebbe inutile optare per un “semplice” bando di riqualificazione normalizzato poiché coesistono situazioni specifiche diverse l’una dall’altra sul territorio, legate ad una comunità, e su ognuna è necessario fare teoria ed intraprendere un certo tipo di lavoro. Poiché Incompiuto rappresenta uno stato di eccezione, sono aperte varie opportunità dal completamento alla demolizione, dal riuso e non esiste modo unico e tassativo.
Fino ad ora abbiamo messo sul medesimo piano le rovine romantiche e quelle contemporanee, senza però riscontrare una vera analogia tra le due. Risulta altresì chiaro che entrambe si inseriscono in un periodo storico in cui la rovina ha un ruolo fortemente ricettivo. Da una parte quella contemporanea spicca come simbolo di un’epoca in cui la pianificazione territoriale conduce a risultati non sperati, dall’altra le rovine di Roma, disegnate dal Piranesi, si mostrano come emblema della caduta della città eterna.
Giosuè Carducci in una sua poesia intitolata “Dinanzi alle terme di Caracalla”7 evoca il mondo latino tanto amato quanto perduto, accusando i suoi contemporanei, incapaci di comprenderne davvero lo spirito. Questa inadeguatezza è espressa attraverso l’accusa ad un’infelice speculazione edilizia, nei confronti della quale egli addirittura invoca l’intervento della malaria. L’Incompiuto, dunque, sembra essere l’unico stile architettonico esistente e contemporaneo, capace di presentare dei caratteri formali ben precisi, occupando quindi un ruolo fondamentale e, così come il poeta italiano, invita tutti noi ad osservare le rovine non più come feticcio autoreferenziale ma come elemento di riflessione per una nuova progettazione. Questo è, appunto, fare Incompiuto.
“…Febbre, m’ascolta. Gli uomini novelli
quinci respingi e lor picciole cose:
religioso è questo orror: la dea
Roma qui dorme.
Poggiata il capo al Palatino augusto,
tra ’l Celio aperte e l’Aventin le braccia,
per la Capena i forti ómeri stende
a l’Appia via.”
Giosuè Carducci, Odi Barbare, IV
1 Giacomo Leopardi, La Ginestra, I Canti, 33, vv. 29-37
2 Fosbury Architecture, fosburyarchitecture.com
3 Alterazioni Video, www.alterazionivideo.com
4 Simon O’s Sullivan, Fictioning The Landscape: Roberth Smithson And Ruin In Reverse – Robert Smithson A tour of the Monuments of Passaic, www.simonosullivan.net,Take on India, Issue 2, Volume 3, July-December 2017.
5 Wu Ming, Fenomenologia dello stile, www.gizmoweb.org, 2017.
6 Alterazioni Video, Fosbury Architecture, Incompiuto, La nascita di uno stile, Humboldt Books, 2018.
7 Giosuè Carducci, Dinanzi alle Terme di Caracalla, Odi Barbare, IV, vv. 33-40