Le città sono ciò che rende il mondo tale e quale a come esso si presenta; sono incubatrici di pensieri, ideologie, innovazioni, e molto altro. Secondo una semplice analogia, se il mondo fosse un’autovettura, le città ne costituirebbero il motore. In più, le città sono al centro di ragionamenti che riguardano le tematiche del futuro. Dopo la rivoluzione industriale, quando la maggior parte della popolazione si spostò dalle aree rurali a quelle urbane e quando iniziò a verificarsi l’esponenziale crescita urbana che determinò la centralità delle città, le attuali speculazioni presero slancio. A metà del XX secolo, i futuristi immaginarono le città colme di ogni sorta di fantasia esotica: macchine galleggianti, grattacieli enormi e grandi quasi come montagne, tute volanti, e così via. Non ci si aspettava che queste utopie potessero essere tradotte in realtà.
Ora è finalmente giunto il momento di porsi di nuovo questi quesiti. Cosa aspettarsi dalle città del futuro? Saranno così eccitanti come ipotizzato dai futuristi moderni? Addirittura, è l’ipotesi del futuro rilevante? La tecnologia non ha mai forse dimostrato che l’innovazione è un processo potente ma irregolare? Quali sono le sfide che si potranno incontrare? Tali domande rappresentano la base dell’esaminazione nel seguente articolo.
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Cos’è realmente una città? Secondo una descrizione molto pragmatica, essa può essere definita come un agglomerato di esseri umani e costruito che forma una matrice; quest’ultima è definita da una gerarchia spaziale che prova ad inserirsi nel contesto considerando la storia, la cultura e la localizzazione. In quanto organismi viventi, le città attraversano una vasta evoluzione, alterando la loro morfologia nel tempo. La loro situazione è in costante trasformazione e determinata da una perenne ricerca di un irraggiungibile stato di equilibrio. Ogni sequenziale generazione contribuisce a questo processo aggiungendo, rimuovendo o riutilizzando parti dello stesso. Questi cambiamenti possono essere sia orchestrati sia completamente arbitrari. In questo contesto, il ruolo dell’architettura urbanistica, dotato di un insieme di leggi e regolamenti, tenta di domare le dinamiche attraverso l’ordine. In tal modo, l’autorità statale si conferma parzialmente sull’iniziativa individuale e mantiene un suo spazio coerente.
All’inizio del XX Secolo, l’approccio modernista all’urbanistica cercò di categorizzare ogni parte della città applicando una politica basata sulla suddivisione in zone e conferendo a ogni distretto della città una funzione unica, come quella degli affari, della residenza, del tempo libero. Molte volte però, non riuscì a raggiungere gli obiettivi desiderati; bensì, tali politiche spesso generarono spazi urbani ostili e deserti che ebbero come sottoprodotto la segregazione sociale. Comprendere perché questo cosiddetto sistema perfetto sia crollato potrebbe essere ricondotto a diversi fattori. Nonostante questa molteplicità di elementi, l’idea di implemento è quella che spicca fra tutte: difatti, i pianificatori urbani trattarono la città come processo meccanico, omettendo il fattore umano e stabilendo politiche rigorose che funzionarono in teoria, ma che in pratica non inclusero l’individuo.
I progettisti considerati desideravano creare la Città Perfetta, in cui tutti potessero godere dei lussi dello stile di vita moderno, incorporandone tutti i vantaggi ed escludendone tutti gli svantaggi. I cittadini vivevano in torri moderniste, lavoravano nel quartiere degli affari e si divertivano nelle aree ricreative: tutte zone facilmente accessibili in auto. La moderna pianificazione urbana centralizzava l’auto rendendola il principale metodo di trasporto. Un sogno! Certamente essi furono molto progressisti per il loro tempo, anche se l’approccio può essere considerato ingenuo: la loro visione non poteva essere replicata ovunque in tutti gli scenari e nello stesso identico modo. Ironia della sorte, a quel tempo lo stile dell’architettura era indicato come “internazionale”. Lo stesso stile respinse il contesto del progetto architettonico come restrizione tecnica; piuttosto, si adottò un approccio unificato e globale che ebbe come conseguenza una serie di edifici replicati in tutto il mondo con totale disprezzo per l’ambiente circostante.
Ad esempio, Le Corbusier, ricordato come un iconico architetto di quel periodo, creò un nuovo piano per Parigi chiamato “Plan Voisin”¹, attraverso il quale propose la demolizione totale del centro storico della città e la sua ricostruzione basata interamente su grattacieli uniformi circondati da un grande parco urbano. Si può considerare questa strategia come riassuntiva dell’ideologia urbanistica moderna. Il piano progettuale, di per sé controverso, non fu approvato, bensì respinto dalla legislazione.
Il modernista era convinto di creare una città futuristica attraverso la riorganizzazione del suo layout e basandosi su un approccio architettonico completamente diverso da quello a lui contemporaneo. Nella storia dell’architettura il modernismo è ricordato come un atto ribelle e di grande affermazione, che riuscì a rispecchiare l’ideologia del tempo relativamente alla visione del futuro.
A mio parere, l’approccio contemporaneo all’urbanistica dovrà passare da un punto di vista strettamente architettonico a uno più tecnologico e pratico. In altre parole, l’urbanistica deve appropriarsi del rapido progresso attuale ed applicarlo alla trasformazione urbana. Le città del futuro assimileranno queste tecnologie in vari modi, a partire da come stabilire politiche, fino alle problematiche quotidiane di cui discuteremo.
Mentre si effettua l’accesso nell’era dei dati, si genera una quantità insondabile di informazioni che rende la raccolta delle stesse un processo di gran lunga più semplice di quanto non fosse in passato. Difatti, precedentemente, i sociologi basavano la propria raccolta di dati e, conseguentemente, le proprie osservazioni su un numero rappresentativo, ma molto esiguo, di persone. Oggigiorno, molte aziende tecnologiche hanno dimostrato che la raccolta dei dati avviene su così vasta scala che è possibile utilizzarli per generare modelli e previsioni per definire o influenzare il futuro prossimo. Se utilizzato nel modo corretto, questo strumento può aiutare i pianificatori urbani nel caso in cui sia necessario stabilire politiche e ottimizzare il layout della città, facendo affidamento su dati precisi e non solo su semplici osservazioni o statistiche approssimative. Quest’analisi si sta già svolgendo in segmenti di nicchia, come riguardo alla gestione del traffico, ma non è ancora da ritenersi strumento diffuso. Man mano che il
meccanismo di raccolta dei dati si espanderà di anno in anno e quando quest’ultimo verrà utilizzato da più tecnologie che ne trarranno beneficio, finalmente si verificherà un ciclo di riscontri positivi secondo i quali più tecnologie verranno adottate e più dati verranno generati. Di conseguenza, un nuovo approccio urbano sarà stabilito per sempre. Naturalmente, le normative devono abbracciare questo processo proteggendo la privacy individuale e regolandone le informazioni raccolte o eliminate.
Un altro grande cambiamento in atto è il rapido sviluppo dell’automazione. In quali termini l’automazione influirà sulla città? A questo proposito, se si immagina una città in cui le auto a guida autonoma sono affidabili quanto quelle a gestione umana, l’intera industria dei trasporti potrebbe assistere ad un cambio di paradigma. In primo luogo, il nuovo parcheggio libererebbe spazio se trasferito fuori dal centro città, poiché l’autovettura potrebbe accompagnare il proprietario a lavoro e parcheggiare altrove. Nuove opportunità si svelerebbero mentre strade e marciapiedi resterebbero senza auto. In secondo luogo, poiché questa tecnologia migliora² di giorno in giorno, possiamo immaginare che la vettura potrebbe essere utilizzata come servizio di trasporto pubblico, come nel caso di Uber. Quando non necessaria, essa potrebbe fungere da taxi per altri residenti della città. Questo sistema potrebbe essere potenziato e tradursi in servizio pubblico: il Comune fornirebbe così una flotta di veicoli che potrebbero essere noleggiati per brevi periodi e facilitare il passaggio a una minore dipendenza dai veicoli personali. Così facendo, si allevierebbe la congestione, riducendo la quantità totale di auto all’interno dell’area urbana.
Il futuro delle città è potenzialmente infinito; in questo articolo ho citato solo alcuni esempi di come essa potrebbe praticamente evolversi nel suo nuovo paradigma tecnologico urbano. Nonostante ciò, la municipalità rimane un organismo molto complesso e i metodi che sono più complementari ai bisogni della popolazione sono costellati di prove ed errori. Dopo ogni iterazione di progettazione urbana, viene eseguito un esperimento che si estende per decenni o addirittura secoli. È un processo lento, ma più si impara, più si sviluppa la maturità necessaria nel gestirne la complessità intrinseca. Una città può essere analizzata, sezionata e studiata in molti modi da una serie di discipline, ma per gli architetti essa è lo specchio di concetti, speranze e desideri. La società matura e così anche la città. Per sognare città futuristiche, in primo luogo è necessario sviluppare principi e valori sociali; perciò forse, un giorno, fra decenni o persino secoli, la “città del futuro” sarà finalmente raggiunta.
Tradotto in Italiano da Elisa Goi.
¹ Plan Voisin, Paris, France, 1925, Fondation Le Corbusier, www.fondationlecorbusier.fr, data di consultazione 27/09/2019.
² Tom Huddleston Jr., Elon Musk says self-driving tech could mean consumers will have a limited time to buy Teslas at current prices, www.cncb.com, ultima modifica 08/07/2019, data di consultazione 25/09/2019.
– Panerai, Castex, Depaule, Formes urbaines de l’îlot à la barre, France, Editions Parenthèses, 1997.
– Jeanneret-Gris C.E., Vers une Architecture, France, Lars Muller, 1923.