˂˂Sembra dunque assolutamente logico pensare che se una stessa persona assumesse entrambi i ruoli, quelli dell’abitante e del costruttore, non avrebbe alcun problema da risolvere, né capelli da spaccare in quattro. Purtroppo oggi ci troviamo in una situazione talmente assurda … che nella pratica succede l’esatto contrario: un oggetto architettonico raramente soddisfa l’abitante, sul quale il costruttore ha il sopravvento e ogni nostro sistema economico e sociale sembra essere stato congegnato al solo scopo di moltiplicare gli sforzi per evitare che costruttore e abitante siano un’unica persona. ˃˃ 1
Yona Friedman è un teorico dell’architettura e sviluppa le sue teorie principali intorno agli anni ‘60 e ‘70, ma proprio oggi sembrano più attuali che mai.
Fonda il “Gruppo di studio dell’architettura mobile” (Groupe d’études de architecture mobile), il quale promuove e supporta un’architettura anticonvenzionale ed “anti classica”. In pratica, la filosofia del collettivo si basa sul concetto di architettura che può essere modificata, non solo dall’architetto progettista, ma dalle persone che la utilizzano. Insomma, una teoria non da poco, che ha la caratteristica di avere un’etichetta utopistica nonostante Friedman più volte abbia dichiarato: ˂˂Ho sempre cercato, negli studi architettonici, di elaborare progetti che fossero realizzabili˃˃. Yona Friedman studia quindi la città, ma soprattutto il suo motore, il capitale umano, le persone che la popolano. Per tale motivo l’architetto può annoverare nel suo già ampio curriculum il diritto di essere uno dei primi ad aver riflettuto su un concetto che verrà coniato e sviluppato solamente nel XXI secolo: la smart city.
Se si digita “smart city” su Google il risultato è: La città intelligente (dall’inglese smart city) in urbanistica e architettura è un insieme di strategie di pianificazione urbanistica tese all’ottimizzazione e all’innovazione dei servizi pubblici così da mettere in relazione le infrastrutture materiali delle città con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita grazie all’impiego diffuso delle nuove tecnologie della comunicazione, della mobilità, dell’ambiente e dell’efficienza energetica, al fine di migliorare la qualità della vita e soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni. 2
Il capitale umano, i cittadini, e quindi gli abitanti in architettura, sono dunque al centro della discussione e per Friedman il futuro della disciplina del costruire si baserà proprio sul loro coinvolgimento, vedendo in loro del potenziale. In “Architettura della sopravvivenza” attua un’analisi di tipo storica e contestuale, riconoscendo che il mondo è destinato a cadere in povertà assoluta, in cui i mezzi tecnici si sono azzerati. Ecco dunque che l’unica via d’uscita è rappresentata dalla necessità ma soprattutto uguaglianza (sociale), che “dispiega un’ingegnosità tecnica eccezionale”. Un apparente passo indietro, quello che l’uomo si appresta a vivere in futuro, il quale, sebbene debba usufruire di soluzioni di fortuna e materiali semplici, a causa della povertà globale, in realtà sarà invitato a pensare allo spazio in cui vive e occupa quotidianamente. E’ una sorta di recessione civile globale in cui gli abitanti sapranno progettare e magari realizzare i propri spazi vitali.
Anche Carlo Ratti ha fiutato un clima di cambiamento, benchè, a differenza di Friedman, creda nella tecnologia come elemento di supporto nell’atto partecipativo dei cittadini, e quindi al coinvolgimento nella progettazione, per lo sviluppo armonioso e la rinascita delle città del futuro.
Ratti in “Open source” immagina una realtà in cui l’architetto non è più al centro dell’attenzione né possiede una responsabilità unicamente “orientata verso la costruzione di oggetti.” La scena viene conquistata da delle piattaforme online che permettono al cittadino, che non ha nozioni pratiche, di sapersi progettare e costruire la propria casa. Tra queste WikiHouse, un software di progettazione 3D libero e semplice che contiene numerosi progetti generati dagli utenti. “Chiunque può scaricarli, stamparli con il compensato su una fresatrice e assemblarli come un mobile Ikea o un puzzle a grandezza naturale. Il primo prototipo di abitazione è stato costruito di abitazione è stato costruito in meno di 24 ore, taglio e assemblaggio compresi, e a costi incredibilmente bassi.” 3
Questa è la nuova architettura? È possibile che tali processi tecnologici stiano mano a mano svilendo il lavoro di un professionista?
La risposta è no, e sarebbe altrettanto preoccupante cancellare millenni di storia architettonica con un click . Non è la professione che muta ma è l’interprete che cambia maschera, che non lavora più da solo: è l’architetto corale. Il progetto non è più visto come lavoro fine a sé stesso ma fa parte di una catena. “Il ruolo dell’architetto, secondo Habraken, è più prossimo a quello di un giardiniere che impara l’orticultura ispezione il terreno, cura le aiuole e nutre le piante … Collabora con gli abitanti anziché limitarsi a consegnare un prodotto. Lascia che l’elemento materiale più intimo dell’ambiente costruito (la casa, l’unità di lavoro ecc) sia appannaggio esclusivo di coloro che lo utilizzeranno.” 4
Oggi più che mai, questi esempi di piattaforme stanno riscuotendo un discreto successo, dando voce a chi è normalmente non prende decisioni in merito alla pianificazione urbanistica. Un altro esempio importante lo fornisce la statunitense Block by Block. Basato sul videogioco Minecraft e fondata nel 2015, a differenza di WikiHouse che si dedica esclusivamente alle abitazioni, concede la possibilità di costruire e visualizzare spazi pubblici ed ambienti. L’interfaccia è semplice e permette l’utilizzo anche ai bambini e agli anziani. Block by Block è stato utilizzato in progetti pilota in Kenya e Nepal, e in seguito è stato usato in 100 progetti in 30 paesi del mondo.
Yona Friedman ha lavorato intensamente per le Nazioni Unite e l’Unesco, attraverso la diffusione di alcuni manuali di auto-costruzione nei Paesi africani, sudamericani e in India. I suoi tentativi di dimostrare che il coinvolgimento diretto delle persone nei progetti era possibile furono numerosi, tanto che lo studioso di origine ungherese può essere definito una sorta di precursore del pensiero partecipativo in architettura, affiancandolo a De Carlo.
L’atto partecipativo tanto perorato e considerato necessario da Giancarlo de Carlo venne considerato non fruttuoso (soprattutto a causa dello scarso interesse dei cittadini), talvolta irrealizzabile ed utopico, ora sicuramente anacronistico. Oggi però probabilmente l’architettura e il modo di fare architettura sta cambiando radicalmente, coinvolgendo nuovi attori, che non sono solamente architetti; o forse no, e questa fase di digitalizzazione sarà solamente temporanea. È una nuova architettura accessibile a tutti, anche ai non addetti ai lavori, che offre l’occasione di riappropriarsi dei luoghi che frequentiamo tutti i giorni. Siamo di fronte ad una partecipazione 2.0 che mette alle sue spalle la disciplina “classica”, che trasformava le cose per adeguarle all’uso umano. E’ un’architettura della sopravvivenza che prova a modificare il modo in cui l’uomo si serve delle cose.
¹ Yona Friedman, L’architettura della sopravvivenza, Bollati Boringhieri, Torino, 2009, pp. 16.
² Smart City, wikipedia, www.wikipedia.org, data di consultazione 5/09/2019.
³ Carlo Ratti, Architettura Open Source, Torino, Einaudi, 2014, pp.100.
⁴ Carlo Ratti, Architettura Open Source, cit, pp. 116-117.