Che il modello socioeconomico in cui viviamo si stia dimostrando inadeguato alle battaglie globali è sotto gli occhi di tutti, così come è altrettanto chiaro che la corrente classe dirigente non sia pronta a fronteggiare le emergenze di questo momento storico, se non mettendo in atto un vero e proprio stravolgimento di sistema, in cui prima di tutto, servono proposte.
L’esigenza di una rappresentanza politica Verde, in Europa, nasce intorno agli anni Settanta, con la formalizzazione delle prime sezioni del Partito dei Verdi in Svizzera. In questi anni, l’Europa ha dovuto affrontare diverse crisi, dall’economica alla migrazione, vedendo – soprattutto nei paesi del Nord – un costante sviluppo di forze ambientaliste che, in una sorta di moto perpetuo, non hanno mai cessato di lavorare per creare un’Europa nuova, e che ancora oggi, lottano più che mai per un cambiamento nelle strutture portanti del nostro continente.
Il fenomeno Greta Thunberg e la spinta ambientalista.
Sarebbe inutile dilungarsi troppo sulla giustezza o meno di una figura come quella di Greta Thunberg. L’attivista svedese, infatti, è propriamente definibile come un simbolo, portavoce di tutti quei giovani che, nel giro di pochi anni, hanno cominciato a plasmare un nuovo volto per la politica europea, riportando alla ribalta l’ambientalismo e l’attivismo politico, interpretati da una generazione che, a conti fatti, ha tutto da guadagnare.
Parallelamente al fenomeno Greta Thunberg, miccia per i movimenti come Fridays for Future ed ispiratrice per altri attivisti a capo di gruppi come Extintion Rebellion, molti altri giovani si stanno organizzando politicamente per creare nuovi spazi di dialogo in tutta Europa, riaprendo il dibattito sulle numerose battaglie che ogni stato membro deve affrontare, comprendendone specificità e necessità, ma cercando – forse per la prima volta nella politica di oggi – di proporre un’alternativa valida e pragmatica, che possa sostituire i paradigmi di una politica del consumo, ormai al limite del collasso.
Cosa dovrà fare la politica contemporanea per fronteggiare le nuove battaglie globali? Come potrà rispondere ad un bisogno crescente di giustizia sociale ed ambientale richiesto dalle nuove generazioni europee?
Ne abbiamo parlato con Teo Comet, già segretario della Federazione Giovani Verdi Europei (FYEG) ed attualmente coordinatore del progetto Tilt, promosso dagli stessi Verdi Europei.
“Dobbiamo capire se ciò che stiamo facendo è efficiente, chiedendoci come cambiare le cose nel modo migliore, questa è la domanda più importante”
Proporre cambiamento, da ogni punto di vista, che sia sociale, economico, culturale, ma anche urbanistico ed architettonico, è l’obiettivo della Federazione dei Giovani Verdi Europei, nata nel 2007, associazione che riunisce tutto il sottobosco di movimenti verdi sparsi per l’Europa, aggregando giovani da ogni angolo del continente, che, attraverso gruppi di lavoro ben precisi, mettono a disposizione le proprie competenze per fare qualcosa. L’ala giovanile del partito dei Verdi Europei è, ad oggi, una delle realtà più attive per contrastare il cambiamento climatico, partendo da un assunto specifico: siamo giovani, siamo verdi e soprattutto siamo europei.
“C’è un’intera generazione di ragazzi che sta crescendo convinta di non avere alcun diritto sociale, consapevole che non avrà diritto a pensioni, assicurazioni sanitarie, niente di tutto questo!”
Ed è dove la vecchia politica europea ha lasciato un buco nero, trasformando l’arena parlamentare in un luogo di dibattito tra paesi in preda a spiriti sempre più sovranisti, che effettivamente prevedono poco per la popolazione giovanile, preferendo ancora una volta il ricorso a blandi metodi di sedazione del problema, rispetto alla vera e propria risoluzione.
Teo ed i Giovani Verdi Europei, al contrario, sono molto determinati a far emergere una visione precisa di come vorrebbe essere la loro Europa, partendo prima di tutto dal cambiamento nel sistema economico che governa il nostro continente.
Sia la Federazione dei Giovani Verdi Europei, sia il partito dei Verdi Europei, infatti, chiedono che la prima misura da prendere per cominciare a modificare lo status quo, sia la ratificazione di un “Green New Deal” che possa rispondere alla crescente instabilità economico-lavorativa di molti cittadini, ma che soprattutto ponga la prima pietra per costruire un modello economico sostenibile sia dal punto di vista ambientale, abbattendo l’impronta ecologica di ogni singolo paese, implementando misure che migliorino globalmente la qualità della vita, sia dal punto di vista sociale, riducendo gli indici di povertà e disuguaglianza che purtroppo sono ancora molto alti in un continente che non è mai stato ricco come in questo momento storico.
Gli attori sul palco sono molteplici, dalle istituzioni alle imprese ed è necessario che siano tutti coinvolti nella riprogrammazione di un sistema che abbandoni definitivamente il modello di globalizzazione neoliberale che abbiamo seguito fino ad oggi, ricostruendo una società che sia sostenibile prima di tutto per chi la vive, basandosi su responsabilità e solidarietà.
“Vogliamo città europee aperte, inclusive, creative ed accoglienti, in cui chiunque si senta benvenuto ed al sicuro, creando valore, perché questi luoghi sono poli d’attrazione in cui la gente vuole vivere”
La “Green Revolution” è quindi una battaglia che va combattuta città per città, territorio per territorio, intervenendo in primo luogo nel rapporto tra ambiente e cittadino, creando città in cui non solo la gente si senta accolta, ma in cui possa vivere attivamente, implementando un dialogo con le istituzioni di riferimento. L’ambiente urbano, da questo punto di vista, è il laboratorio principale in cui scatenare creatività ed impegno, riportando la natura e l’importanza della stessa al centro della vita quotidiana del cittadino.
Le città, in quest’ottica, giocano un ruolo fondamentale nella diffusione e affermazione di un nuovo sistema economico che ponga il benessere sociale e la natura al centro, trovando soluzioni in diversi ambiti e trasformandosi in un bacino di raccolta per le diverse istanze sociali. I cittadini e le istituzioni, quindi, dovranno interpretare la città non più solo come un sistema, ma come un vero e proprio ecosistema in cui ogni elemento interdipende dall’altro, in quello che è un modello economico circolare.
Porre le città al centro di questa rivoluzione, è – oltretutto – l’unico modo per ristabilire un contatto con il cittadino medio, che ad oggi risulta essere sempre più lontano dalla politica, percepita come un universo astratto, distante dalle reali necessità.
Di fatto, rendere le nostre città sostenibili, vuol dire da un lato intervenire fisicamente, rivedendo il rapporto tra città e verde urbano, creando sistemi di trasporti e connessioni che siano contemporaneamente ecosostenibili e socialmente accessibili, garantendo pari opportunità a tutti i cittadini, ma non solo. L’architettura, così come lo studio del paesaggio urbano, sono due enormi risorse in questa lotta, dal momento che possono essere considerate il primo step verso un ripensamento globale dell’ambiente urbano ed industriale per come lo conosciamo oggi.
In definitiva, rilanciare a livello nazionale ed europeo, un insieme di politiche volte a plasmare una nuova società basata sulla solidarietà, inclusione e rispetto, sembra l’unica via per non soccombere al crollo di un sistema che sta scoprendo da tempo le sue fragilità, sgretolandosi sotto la pressione di un incessante cambiamento climatico, che ne è la diretta conseguenza.
Per la Federazione dei Giovani Verdi Europei e, più in grande, per il partito dei Verdi Europei, la missione è chiara: lavorare per far si che queste città, ad oggi ancora un miraggio, diventino realtà.