La mia più importante educazione formale è stata l’osservazione delle cose; poi l’osservazione si è tramutata in una memoria di queste cose. Ora mi sembra di vederle tutte disposte come utensili in bella fila; allineate come in un erbario, in un elenco, in un dizionario.¹
[…]
G – Sì, effettivamente, se ci pensi, dagli esercizi che abbiamo sempre fatto, ad ogni città corrisponde un abaco di luoghi iconici a cui si fa riferimento per identificarla.
B – Milano con il Duomo, Londra con il Big Ben, Barcellona con il Plan Cerdà, Roma, o forse l’intera Italia, con il Colosseo, come la Francia con la Tour Eiffel e Notre Dame.
D – Che strano pensare che un popolo si identifichi con degli oggetti e delle architetture.
C – Ma, secondo voi, come fa qualcosa a diventare identitario per la collettività?
F – Forse quando le persone se ne appropriano e gli attribuiscono un valore sociale, culturale, religioso…
A – Secondo me è anche una questione di memoria, fatti ed eventi storici.
B – Secondo me si tratta di permanenze, un passato che sperimentiamo ancora oggi.
G – Effettivamente, se ci pensate, tutte le città crescono sui segni fisici del passato, su fatti anche molto antichi di cui resta la permanenza della forma.
B – Non sempre però… Nella città non tutto permane…
G – Beh, le permanenze possono anche divenire, cambiare, modificarsi.
C – Non per questo scompaiono però.
casalecasale, Souvenir attivo, Milano, 2021.
A – E’ vero, se oggi penso a Notre Dame, mi viene in mente soltanto il tragico evento che l’ha sfigurata. Seppur diversa, però, eccola ancora lì.
D – Cavolo! Mi ricordo bene quel 15 aprile. In tv e su internet passavano solo immagini, suoni e scritte della Cattedrale in fiamme.
A – Mi sono sentito male a guardare quelle immagini. Ero triste e non ne capivo il motivo, nonostante a differenza di altri eventi tragici non ci siano state vittime.
F – Ok, non è morto nessuno. Ma forse ci siamo sentiti così perché è morto un frammento dell’identità collettiva e culturale di cui parlavamo prima.
B – Certo, Notre Dame è un simbolo. Il volto di una città ben scolpito nella memoria che da un giorno all’altro cambia.
D – Fa strano pensare che un monumento possa cambiare.
Fabien Barrau, Notre Dame in fiamme, Parigi, 2019.
G – Eppure, l’immagine della cattedrale che abbiamo ora in testa è quella pervasa dalle fiamme.
C – L’immagine iconica e simbolica di Notre Dame intatta è cambiata quindi? Cioè… alla Francia ora associamo Notre Dame bruciata?
A – Io non sono ancora stato a Parigi dopo l’incendio, quindi ignoro quali souvenir vendano ora. Continuano a vendere quelli vecchi con la guglia integra? Ne hanno fatti di nuovi senza? Hanno tagliato la guglia a quelli che avevano già?
(Risata collettiva)
A – Ragazzi, sono serio! Sapevate, tra l’altro, che souvenir significa ricordo?
casalecasale, Souvenir attivo, Milano, 2021.
B – Quindi quale ricordo dovremmo associare a Notre Dame? Prima, dopo o durante l’incendio?
G – Beh, indipendentemente da quale sia, il souvenir di Notre Dame dovrà in qualche modo cambiare rispetto a quello tradizionale.
C – Penso che servirebbe un oggetto che ricordi l’evento.
B – Qualcosa che rappresenti il momento di passaggio dalla vecchia alla nuova identità, forse.
F – Che ricordi non solo la forma del monumento, quanto le vicende che ha vissuto.
A – Le sensazioni che queste vicende hanno trasmesso, il bagliore del fuoco o il fumo che sale.
G – E la guglia che si consuma inesorabilmente.
D – Come una piccola performance di una candela che brucia, che prende fuoco e pian piano si consuma.
C – Bello il simbolo della candela! Rappresenta la sacralità di un evento, se ci pensate.
F – E poi di solito porta a commemorare qualcosa o qualcuno.
A – E la cattedrale che, alla fine, regge e resiste all’evento.
Un ricordo da attivare. Un souvenir attivabile.
casalecasale, Souvenir, vista laterale, Varese, 2021.
casalecasale, Souvenir, vista, Varese, 2021.
casalecasale, Souvenir, vista frontale, Varese, 2021.
Copertina: Benedetta Badiali, Souvenir attivo, Milano, 2021.
¹ Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, Il saggiatore, Milano, 2009, p. 53.